La nuova Domenica del Sole 24 ore
19 giugno 2011 § 7 commenti
Il nuovo restyling del Domenicale era stato annunciato già parecchio tempo fa, quello di Nova da meno. Ad ogni modo ieri ce li siamo finalmente trovati fra le mani, nel nuovo/vecchio formato broadsheet, e ne siamo rimasti molto delusi. Ecco quanto scrivevamo qualche tempo fa quando ancora del restyling si vociferava solamente:
Non siamo convinti che sarebbe la scelta più saggia: con il restyling della fine del 2010 l’inserto è stato svecchiato nella forma e nei contenuti; un passo indietro (in controtendenza col generale processo di “settimanalizzazione” in corso nei quotidiani) sarebbe un errore che metterebbe a rischio l’ampia fascia di nuovi lettori acquisita da gennaio ad oggi, un pubblico giovane ed esigente slegato dalle tematiche strettamente economiche tradizionali del giornale, ma vicino al suo spirito culturale e innovativo.
Ma entriamo nel merito: anzitutto si torna al lenzuolo. Le conseguenze: una drastica diminuizione della foliazione che depriva l’inserto di autonomia settimanale per calcare maggiormente il suo carattere di dorso; un aumento dell’ingombro complessivo del giornale -in controtendenza col generale processo di settimanalizzazione in corso nei quotidiani- che lascia perplessi e porta a domandarsi se al Sole abbiano dimenticato che i propri lettori di riferimento sono spesso costretti a viaggiare per lavoro; infine, perdita a nostro parere gravissima, la scomparsa della cover settimanale, impossibile da riprodurre -per costi ed estetica- su una tale estensione cartacea.
Grave perdita d’identità, anzitutto, perchè in grado di costituire il luogo di un discorso autonomo e conchiuso nel cuore del giornale: un luogo dove la linea intellettuale del Sole poteva svilupparsi e trovare vigore per andare poi a corroborare tutto il quotidiano. Pensieri cardiaci insomma, ridotti adesso a costole (anche grafiche) del quotidiano. Non si tratta di una perdita solo estetica, ma primariamente giornalistica nel momento in cui si abbandoni uno spazio in cui la direzione poteva esprimere -graficamente- il proprio editoriale.
Scendiamo nel particolare. I grafici del Sole pare che abbiano tentato il miracolo: mantenere il ritmo da calcio a 7 della nuova domenica su un campo da 11 giocatori. Proliferano i box, i fondi e le spalle, le figurine e i richiami, le foto scontornate e le frasi più calde in evdienza. Presto l’occhio, abituato a marcare a uomo, risulta in affanno, ma la zona è sconsigliabile. Troppo fitti gli stimoli, ancora troppo brevi gli articoli per coprire adeguatamente gli spazi a disposizione (di contro il lettore non è più abituato a lunghi articoli ed è proprio da qui che nasce la tabloidizzazione del formato, dalla necessità di coniugare ritmo e profondità).
Ingenerosa la scelta di inglobare Cover Story, la bella rubrica di Stefano Salis, in un box con i consigli per gli acquisti dei librai. Ben venga lo spazio dato in prima pagina a Ravasi (per quanto la scelta non sia originalissima sia per la firma che per la formula) ma non si comprende la scelta di intitolarlo “Breviario”: la provocaziona avrebbe senso su Repubblica o sull’Unità, ma non su un quotidiano di lunga tradizione liberale come il Sole che a tutte le religioni, cristiana compresa, ha sempre dato ampio spazio. Eppure è proprio qui che riusciamo a leggere l’unico lacerto d’innovazione grafica: l’uso del “#” per evidenziare una parola chiave (#meditare) in stile twitter. Un po’ poco a dire il vero. Diversa dalla nostra l’opinione di Stampacadabra che invece salva il restyling alla luce di una leggibilità mantenuta.
Nel complesso ci pare che la nuova direzione abbia voluto fare un passo indietro, verso un prodotto molto lontano dalla modernità a cui il Sole ci aveva abituato in questo 2011 (basti guardare qui per un confronto). Crediamo che i lettori (vecchi e nuovi) non apprezzeranno.
Già, avanza la RIOTTAmazione. Pare sciocco, e soprattutto originale – per un foglio che non è mai stato sciocco – questa virata. Peccato: per il momento I ‘pezzi’ regono, quasi tutti. Vedremo in seguito. Ma se penso alle precedenti rubriche ‘ direttoriali ‘ ( leggo IL DOMENICALE dal suo esordio, li ho TUTTI ) , leggere quella di ieri mi ha fatto male, le braccia mi sono cadute: per la forma, i contenuti, l’egocentrismo non richiesto nè opportuno. SO che qui si parla di Copertine, e che non si giudica un libro… MA chi l’ha detto, poi ( lol ) . E se quella di ieri era la copertina dei prossimo Domenicale…
Sono d’accordo Valerio: l’opinione del direttore dovrebbe esprimersi attraverso i contenuti di tutto il giornale o, se proprio necessita, con editoriali ben precisi.
Sono daccordo su tutto.
La grafica e il formato avevano fatto avvicinare un pubblico più giovane ed eterogeneo ad un giornale che solitamente viene “maneggiato” da soli professionisti. Peccato.
[…] In definitiva, certamente il formato tabloid consentiva una maggiore libertà espressiva, ma l’ottimo lavoro stilistico e grafico ha permesso alla Domenica “grande” di mantenere ancora una buona dose di freschezza e chiarezza, ma di sicuro chi si era abituato a maneggiare il vecchio inserto guarderà con disapprovazione il ritorno all’antico (Giulio Passerini del blog Who’s The Reader ha emesso a proposito la sua dura sentenza). […]
Giù il cappello davanti a questa radiografia utile.
Un committente editoriale “illuminato” & desideroso
di tenersi “abreast” sulle ultime novità del settore
pagherebbe, per avere cose cosi’.
Detto questo… sì. Ingenerosa, e non solo, “la scelta di inglobare Cover Story,
la bella rubrica di Stefano Salis in un box con i consigli per gli acquisti dei librai”.
Ingenerosa e miope: che in inglese si dice “near sighted”.
Detto in soldoni: vede, piu’ che altro, da vicino.
Ma non va lontano.
Cosa succede “lontano”?
Succede che la grafica e l’estetica degli oggetti editoriali
(questo, secondo me, e’ il vero nucleo di Cover Story)
non sono puri e semplici “consigli per gli acquisti”.
Sono cultura, costume e societa’: quello che respiriamo.
Cover Story e’ la miglior ricerca di mercato settimanale
(e costa 2 euro scarsi) per chi vuole capire tendenze, mode,
modi di fare “cose visive editoriali”: ovvero il vestito del libro.
Per chi questo vestito lo fa: ci lavora, mangia, sogna.
C’e’ gente, in Italia, che compra il Domenicale del Sole
unicamente per leggere questa rubrica e informarsi.
Illustratori, uffici stampa, consulenti dei marchi major.
Si conoscono tutti. Si guardano. Si studiano. Si annusano.
Verrebbe da dire che si spiano.
Ma Cover Story parla anche alla meta’ nascosta della Luna.
Agisce anche come un corso d’aggiornamento settimanale
(sempre per 2 euro scarsi) grazie a cui e’ stato sdoganato
un certo modo di concepire la grafica editoriale,
evangelizzando una platea di giornalisti, opinion leader, operatori culturali i quali
difficilmente ne avrebbero sposato le istanze prima di sapere che “l’ha detto Il Sole 24Ore”.
Eh, però il formato piccolo non piaceva agli inserzionisti…
Non ci avevo pensato… d’altro canto in formato tabloid e con una foliazione più sostanziosa avrebbero potuto vendere più paginate intere (per quanto un po’ più piccole); fossi stato in loro avrei forse provato a spingere ancora di più in quella direzione.